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ARGOMENTO
Riflessione e Meditazione
FILOSOFO
Prof. Mario D'Angelo
Classe 1965, Mario D’Angelo è Filosofo, Docente a contratto di Semiotica e Semantica presso l’Università degli Studi di Padova e Professore di ruolo di Filosofia e Storia al Liceo Statale; è Counselor filosofico, titolare di Modus in Rebus – Studio di Counseling Filosofico a Vicenza, Consulente pedagogico e Formatore, dirige la SAFICoF – Scuola di Alta Formazione in Counseling Filosofico. Ben presto si rende conto che la filosofia poteva e doveva vivere anche fuori dal Liceo e dall’Università, dove per troppo tempo si era, per così dire, auto-reclusa: poteva e doveva uscire per incontrare le persone nella vita di tutti i giorni e insieme a loro pensare e vivere diversamente, magari meglio; poteva e doveva uscire per incontrare le persone e accompagnarle nella loro ricerca di senso; poteva e doveva uscire per tornare ad essere quello che era alle origini, cioè uno modo di vivere, uno stile di vita, una “cura spirituale” dell’anima, un aver cura di sé e un aver cura degli altri. Ha pubblicato diversi articoli su riviste specializzate e su raccolte di saggi, sui temi relativi al linguaggio e relativi al counseling filosofico ed esistenziale. Scrive anche per il suo Blog. mariodangelo
INTERVISTA
Riflessioni ai tempi del Covid-19
Stiamo vivendo una contingenza difficile, di cui si scriverà nei libri di storia, un’emergenza epidemiologica internazionale e ancora da superare. Stiamo infatti ancora rispettando l’ultimo DPCM dell’11 Marzo 2020, acronimo ormai familiare, e presto sarà pubblicato il successivo in GU, sulle misure attuative per contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19.
Professore quali riflessioni si possono avviare dentro a questa difficile contingenza ancora da superare? Ci può aiutare a riflettere e a darci degli spunti per poterlo fare al meglio?
Il prof. Mario D’Angelo ci trasmette le sue considerazioni in 9 punti
1. La preoccupazione e lo sgomento. Questa situazione ci coinvolge tutti, non solo in Italia, ma in tutto il mondo. La prima considerazione è naturalmente che è una situazione che mi preoccupa, ci preoccupa molto tutti, ci preoccupa la drammaticità di questa situazione, ci preoccupa la diffusione del contagio, ci preoccupano quelli che sono ammalati, quelli che stanno malissimo, ci preoccupa il numero di morti crescente; è vero che questo virus, per il momento, non sta facendo, relativamente ad altre malattie, tanti morti, è vero che ogni giorno in giro per il mondo muoiono più persone per attacchi cardiaci o per influenze, anche generiche, però c’è il rischio della diffusione e questo ci preoccupa. E poi non possiamo non provare sgomento di fronte alle immagini dei reparti di terapia intensiva che sono strapieni, che non hanno più posto e perché, insomma, alcune immagini le abbiamo viste e non si può che provare sgomento di fronte ai malati intubati in terapia intensiva. Le immagini provenienti da Bergamo, per esempio, le immagini dei ricoverati, le immagini e le testimonianze dei familiari dei ricoverati, le immagini delle bare accompagnate dall’esercito, sono strazianti. Questa è una prima considerazione.
2. La limitazione alla libertà personale per il rischio contagio. Un’altra considerazione è la seguente. Tutti stiamo soffrendo per le limitazioni alla libertà personale che ci sono state giustamente imposte per impedire, o perlomeno attenuare, la diffusione del virus, la diffusione del contagio. Tutti stiamo sicuramente soffrendo perché non possiamo più fare certe cose, non possiamo andare a passeggiare all’aperto, non possiamo incontrare amici e familiari perché rischiamo di portare il contagio, di poter essere contagiati, di portare il contagio ai nostri cari, io per esempio non vado a fare visita ai miei nipotini per questo motivo, e quindi, ripeto, soffriamo sicuramente tutti delle limitazioni alla libertà personale. Certo, grazie alla tecnologia, possiamo incontrarci “on line”, “da remoto”, ma naturalmente non è la stessa cosa.
3. La paura e l’angoscia. L’altra considerazione è la seguente. Siccome comunque un pochino riusciamo ad uscire, per esempio per andare a fare la spesa, quando si esce è inquietante il fatto che dobbiamo stare a distanza almeno di un metro l’uno dall’altro, è inquietante che quando incrociamo delle persone per strada o nei corridoi del supermercato, cerchiamo di evitarle. Capita che cammini sul marciapiede e vedi una persona che ti viene incontro, cambi strada, attraversi la strada per andare sul marciapiede opposto e questo crea una situazione, lo ha detto anche per esempio Galimberti in un recente intervento, che non è solo e tanto di paura, ma di angoscia, perché non è più la paura per qualcosa di determinato, quella è paura, ma è l’angoscia che provi di fronte a ciò che è indeterminato, questo virus: a parte che non lo vedi per così dire, ma non sai neanche da chi ti viene, dove lo prendi, chiunque ti può contagiare, tu stesso non sai se sei un asintomatico, uno che ha il virus, ma che non ha i sintomi e che può contagiare gli altri senza saperlo e senza volerlo ovviamente. Questa situazione di indeterminatezza, ripeto, provoca un sentimento di angoscia che forse è più difficile da tollerare e da sopportare di quello della paura. L’angoscia che ho provato anch’io l’altro giorno quando tornavo dal supermercato alle 7 di sera, c’era buio, le strade erano vuote e c’era questa sensazione di spaesamento, di estraniamento, che è angosciosa, che genera angoscia più che paura.
4. Opportunità inedite. E tuttavia, in questa situazione di emergenza, in questa situazione eccezionale di circostanze eccezionali, ci possono essere anche delle occasioni e opportunità inedite. Per esempio, intanto, come in tutte le situazioni di emergenza ed eccezionali, c’è chi tira fuori il peggio di sé, c’è chi ne approfitta per coltivare i propri interessi egoistici, per fare, appunto, i propri interessi e, quindi, c’è chi in realtà non fa niente di differente da quello che magari già faceva prima. Ma c’è anche chi, invece, in queste situazioni eccezionali di emergenza tira fuori il meglio di sé, scopre dentro di sé risorse che magari non sapeva neanche di avere, mobilita nuove risorse che magari erano sopite; mi riferisco a quelle persone che in questa situazione scoprono, o riscoprono, il senso di solidarietà, che si danno da fare per gli altri, scoprono, o riscoprono, che siamo, per così dire, sulla stessa barca, siamo tutti sulla stessa barca. Questa situazione può anche essere l’occasione per renderci conto di quanto sono importanti persone, gesti, azioni e cose che prima davamo per scontati, persone, amici e familiari che davamo per scontati e che adesso non possiamo incontrare, raggiungere; gesti, come stringersi la mano, baciarsi, prima erano scontati e adesso scontati non sono più e ci rendiamo conto di quanto sono importanti; cose, apparentemente banali, come il bar, o meno apparentemente banali, come la libreria, che scontati non sono e scopriamo quanto importanti possono essere. Ma a questo proposito, posso aprire ad un’ulteriore considerazione.
5. Che cosa è veramente importante. La situazione che stiamo vivendo può essere l’occasione per capire, renderci conto veramente e profondamente, fino in fondo, di che cosa è veramente importante, di che cosa veramente conta e di che cosa invece importante non è, di che cosa possiamo in realtà fare a meno; possiamo renderci conto in questa situazione di ciò che è essenziale e ciò che invece è superfluo.
6. Coltivare la propria interiorità. Ancora un’altra considerazione. Questa situazione può essere l’occasione, per ciò che stiamo vivendo, queste circostanze eccezionali, perché siamo costretti a stare in casa, l’occasione per coltivare la propria interiorità, per praticare un po’ di introspezione: riflettendo, pensando, meditando, per chi conosce pratiche di meditazione, ma anche ovviamente leggendo, ascoltando musica: questa è l’occasione per ritornare un po’ in se stessi, dentro se stessi e scoprire chi siamo e chi vorremmo essere.
7. Un dialogo profondo. Ancora un’altra considerazione, strettamente legata a quella appena fatta, è questa. Questo stare in casa forzato, questa forzata reclusione, questa forzata quarantena, può essere l’occasione per parlare di più e più profondamente con le persone che ci stanno vicine: con i propri familiari, con il proprio coniuge, con i propri figli, per fare quello che spesso non facciamo, o facciamo distrattamente, superficialmente e troppo velocemente; e anche questo, ovviamente, questo parlare, dialogare più profondamente, meno superficialmente, è un modo di coltivare la propria interiorità.
8. La dimensione della lentezza e del silenzio. Un’altra considerazione che voglio condividere è questa. Le circostanze che stiamo vivendo possono essere l’occasione anche per apprezzare la lentezza e il silenzio, cioè per apprezzare queste due dimensioni che spesso non viviamo nella vita quotidiana “normale”, perché siamo troppo spesso, nella vita normale tra virgolette, coinvolti nella frenesia, travolti dagli impegni, dobbiamo fare tutto molto velocemente, freneticamente appunto, e siamo immersi nel rumore, in un rumore di fondo assordante: ecco, in questi giorni possiamo coltivare e apprezzare la lentezza e il silenzio.
9. Siamo esseri fragili “sulla stessa barca”. E infine quest’ultima considerazione, se vogliamo un po’ più generale. Le circostanze che stiamo vivendo, la situazione che stiamo vivendo, il dramma che stiamo vivendo può essere l’occasione per renderci conto della nostra fragilità e del fatto che la realtà, il mondo, la vita, sono imprevedibili; siamo fragili e viviamo, molto più di quello che ci piacerebbe pensare, in una realtà imprevedibile, complessa, incerta. È l’occasione questa, quindi, per accettare la nostra fragilità e l’imprevedibilità della realtà, per non coltivare più deliri di onnipotenza, per non illuderci più di poter dominare e controllare tutto. Anche da questo punto di vista abbiamo l’occasione per capire, renderci conto e apprezzare che “siamo sulla stessa barca”, per apprezzare di nuovo che, come diceva il poeta inglese John Donne, nessun uomo è un’isola, tutto è collegato, siamo tutti collegati a tutti. Non ha senso quello che spesso nella vita di prima, nella vita “normale”, facevamo, cioè competere tutti contro tutti, senza renderci conto che siamo tutti sulla stessa barca, che siamo su una zattera, su una scialuppa di salvataggio in un mare immenso e non ha senso combattere tutti contro tutti per avere una porzione di scialuppa un po’ più grande, quando questa porzione rispetto all’infinito non è nulla: staremmo tutti meglio se condividessimo tutti tutto lo spazio, se remassimo tutti insieme e nella stessa direzione. Ecco queste sono le considerazioni che mi ha fatto piacere condividere.
Domanda: Grazie professore. Mi chiedo come sarà il dopo, cioè andremo avanti come se niente fosse, dimenticheremo, oppure metteremo in atto delle misure per migliorarci?
Spero che riusciremo a fare tesoro delle lezioni che questa situazione ci sta impartendo, un ottimista potrà dire che sì, che lo shock sarà stato tale che non potremo non fare tesoro di tutto ciò; i più pessimisti diranno che torneremo a fare gli stessi errori.
ICR…La storia si dice che sia maestra di vita, tuttavia vediamo che, anche se con modalità diverse, gli errori si ripetono.
La storia purtroppo ci dimostra che spesso, troppo spesso non è stata maestra di vita, non sempre l’umanità ha imparato dai propri errori e da questo punto di vista potremmo non essere ottimisti, però io ho una formazione filosofico-esistenziale che mi fa essere inguaribilmente ottimista. Sono convinto che ciascuno di noi abbia risorse positive, buone risorse che nelle circostanze opportune verranno fuori, grazie magari al dialogo, io sono un counselor e non posso non credere in questo: queste risorse, la parte migliore di noi, verranno fuori e quindi sono ottimista. Ormai ho una certa età e una situazione così non l’avevo mai vissuta, è una situazione inedita, neanche durante il disastro di Chernobyl mi ricordo una cosa del genere, non è stato proprio così, anche se per qualche giorno abbiamo dovuto chiudere tutte le finestre, stare in casa, ma non è andata così, almeno che io mi ricordi, io ero un adolescente.
ICR…Si leggono assonanze o meglio, ho notato che alcune persone nei social richiamano passi del Manzoni o all’influenza spagnola
Quelle ovviamente non le ho vissute, però la spagnola ha fatto più morti della guerra stessa, subito dopo la Prima Guerra Mondiale.
ICR…Solo che l’informazione non viaggiava alla velocità di oggi e forse stiamo rispondendo meglio grazie alla comunicazione che viene trasmessa praticamente in tempo reale
E inoltre non c’erano le conoscenze di medicina che abbiamo oggi per contenere il contagio.
ICR…Volevo chiederle una chicca, ci può dare qualche indicazione sulle pratiche di meditazione di cui ha parlato prima? Scorrevo tra i titoli degli articoli del suo Blog e non ho potuto non notare Mindfulness, prima si riferiva a questa tecnica?
Ad altre, diciamo che alla Mindfulness mi sto avvicinando, mentre da tantissimi anni, almeno due decenni, coltivo le pratiche di meditazione che vengono dalla tradizione filosofica occidentale – perché la Mindfulness invece ha una derivazione orientale – e così mi sono accostato tanto tempo fa, anche in relazione alla mia attività di counselor filosofico ed esistenziale, alla pratica degli esercizi spirituali, così sono stati chiamati dalla tradizione filosofica, a partire da certi filosofi greci: poi è passata alla filosofia romana e poi è passata al pensiero cristiano, la tradizione degli esercizi spirituali dei gesuiti di Loyola viene da quella tradizione filosofica. Io quegli esercizi spirituali li pratico personalmente e poi ho iniziato anche ad insegnarli come counselor filosofico, inoltre pratico il training autogeno, anche questo è occidentale, nato in Occidente, e questa è un’altra pratica, diciamo di meditazione, di concentrazione, di distensione, e quello che sto scoprendo è che le pratiche di meditazione di derivazione occidentale e le pratiche di meditazione di derivazione orientale come la Mindfulness hanno molti punti di contatto. In comune hanno almeno questo: ci insegnano quanto ciò che pensiamo, quanto i nostri “film mentali”, quanto le nostre credenze e convinzioni determinano il nostro modo di reagire alle situazioni della vita, emotivamente e dal punto di vista del comportamento, perché, come diceva il filosofo stoico greco Epitteto, <<non sono le cose a turbarci ma le opinioni che abbiamo di esse>>; a partire da ciò le pratiche di meditazione insegnano a vivere consapevolmente il momento presente, a non farsi condizionare troppo e soprattutto troppo negativamente dal passato e dal futuro; invitano e insegnano a praticare l’attenzione consapevole e non giudicante al momento presente e con questo si guadagna in benessere, in serenità, in capacità di ascoltare se stessi e gli altri e quindi si guadagna in capacità di relazionarsi agli altri, si guadagna in capacità empatica. Queste pratiche, in questi giorni, in queste settimane in cui dobbiamo anche stare in casa e in cui il dover stare in casa per molti sarà motivo di sofferenza, per molti stare in spazi stretti con altre persone potrebbe essere motivo di fastidio e di irritazione, bene: coltivare queste pratiche di meditazione filosofica può essere veramente molto salutare e di gran beneficio.
Grazie Professore
Si ringrazia il prof. Mario D’Angelo per la disponibilità.